L’Isola che c’è: la rubrica
La globalizzazione, internet, i social, gli impegni, le scadenze, la fretta. Soprattutto la fretta.
Sembra quasi, parafrasando una cantante che amo molto, che “la gente escogiti affannose corse in preda all’ansia di tornare al punto di partenza”.
Perché spesso questa fretta ci fa arrivare a destinazione ma una volta arrivati ci accorgiamo di essere le stesse persone di quando siamo partiti.
Il digitale sostituisce l’analogico, le serie tv da guardare con una sorta di bulimia da contenuti, sostituiscono il cinema. I giornali cartacei vengono abbandonati e soppiantati in favore di quelli online.
Non tutto il male vien per nuocere e non tutto quello che è nuovo, deve essere necessariamente considerato un male. Sono sotto gli occhi di tutti i vantaggi che ci ha concesso la tecnologia, o, più in generale, “il progresso”.
Mentre ci impegnavamo a stare al passo con la filosofia della velocità, ad aggiornarci, e ad abituarci a vedere le nostre vite trasformate in fotografie in formato 1:1, però, è successo che qualcosa lo abbiamo lasciato indietro.
A fare le spese di questa corsa, è stata la cosa più importante, quella che regge il mondo e lo fa andare avanti: i rapporti umani.
Quante volte ci è capitato di trovarci in una città che offriva un sacco di opportunità, ma tutte pensate per occupare il tempo anziché per valorizzarlo?
Quante volte abbiamo desiderato trovare un’isola in mezzo a questa giungla fatta di performance e spersonalizzazione, dove poterci rifugiare ed essere accolti semplicemente come esseri umani, lasciando fuori dalla porta quello che facciamo e sentendoci liberi di identificarci unicamente con quello che siamo?
Ci vorrebbe un’isola, si. Un’isola dove tutto questo possa diventare realtà. Ma quasi sempre, come nel racconto di Peter Pan, questa si rivela essere qualcosa di utopico, difficile da concretizzare e ancor più difficile da trovare: un’isola che non c’è.
E invece quest’isola c’è. Esiste. Si chiama Pulk, e non si trova fuori dal mondo o in qualche posto sperduto, ma nel centro di una città.
In un contesto urbano, esiste un’isola dove chiunque può rifugiarsi e sentirsi accolto e valorizzato in un’ottica di condivisione e non di compatimento. E se ad abitare quest’isola sono persone che arrivano da ogni parte del mondo, portando con loro tradizioni, culture e abilità, ecco che diventa un’isola del tesoro.
Questa rubrica nasce per raccontare le vite di chi ha trovato in Pulk un punto di riferimento, uno spazio accogliente, rilassante e curato. Uno spazio dove, una volta entrati, è quasi impossibile uscire senza aver imparato qualcosa di nuovo. Nasce per dare loro un volto, un nome e una storia.
Queste sono le storie di chi ha scoperto che Pulk è “l’Isola che c’è”…
Alice Sommavilla